Meditazioni sul Vangelo

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Discepoli sotto esame (Mt 16, 13-20)

Discepoli sotto esame

Gesù si trova di nuovo fuori del territorio ebraico, questa volta non è lungo la costa del mar Mediterraneo, ma molto all’interno: nella regione di Cesarèa di Filippo, e qui pone ai discepoli due domande, la prima è: La gente, chi dice che sia il Figlio dell’uomo? Nel vangelo di Marco la domanda è più semplice: La gente, chi dice che io sia? È l’interrogativo di chi è consapevole del mistero della propria persona, e sa che pochi riusciranno a coglierlo, anzi, senza un aiuto dall’alto nessuno può coglierlo; questo valeva allora e varrà fino alla fine dei tempi. Infatti, la gente gira attorno al mistero, ma non lo coglie veramente: Alcuni dicono Giovanni il Battista, altri Elìa, altri Geremìa o qualcuno dei profeti. La risposta della gente dice però che Gesù aveva un’autorevolezza e una santità tali, da poter essere paragonato ai grandi d’Israele.

Tuttavia, Gesù non si accontenta di sapere cosa la gente pensa di lui, vuole sapere cosa di lui pensano i suoi discepoli. Evidentemente si aspetta da loro, che da tanto tempo lo seguono, una risposta un po’ diversa, ed ecco la seconda domanda: Ma voi, chi dite che io sia?… I discepoli sono sotto esame, probabilmente alcuni si saranno sentiti un po’ imbarazzati di fronte a tale domanda, come tutti gli studenti a cui si pone una domanda impegnativa. Ed è normale che sia così, non trovarsi a disagio nel dover dire chi è Gesù, significa non percepirne mistero.

A conferma di ciò, San Giovanni Crisostomo osserva che alla prima domanda: La gente, chi dice che io sia? Tutti sono pronti a rispondere, infatti, il vangelo riporta al plurale: Risposero: «Alcuni dicono Giovanni il Battista, altri Elìa, altri Geremìa o qualcuno dei profeti». Ma alla seconda più impegnativa domanda: Ma voi, chi dite che io sia? Tutti tacciono, solo Pietro risponde.

Prima la formazione e poi l’esame

È importante notare che Gesù pone questa domanda ai discepoli, non all’inizio, quando ancora non potevano conoscerlo a fondo, ma dopo un certo tempo, dopo che avevano avuto modo di ascoltare molti suoi insegnamenti, essere stati testimoni di molti miracoli, dopo aver visto l’amore e anche l’odio che la sua persona suscitava in Israele. Si conosce meglio una persona dopo aver a lungo camminato insieme, mangiato e dormito insieme, faticato e gioito insieme. È giusto allora che Gesù si aspetti di essere conosciuto un po’ meglio dai discepoli, rispetto ad altri che non sono stati così tanto tempo con lui. Eppure, Gesù è un mistero tale che anche dopo molto tempo non lo si conosce ancora, infatti, verso la fine della sua vicenda terrena dirà a uno dei dodici: Da tanto tempo sono con voi e tu non mi hai conosciuto, Filippo? (Gv 14, 9).

Ogni esame giunge al termine di un percorso scolastico, così anche questa domanda ai discepoli segna in qualche modo un termine e un nuovo inizio. Riassumo come posso alcune sottili riflessioni di don Divo Barsotti su questo episodio. Intanto fa notare che l’esame e l’importante risposta di Pietro non avvengono nel territorio di Israele, ma in territorio pagano (nell’Iturea), e questo, secondo Barsotti, sta a indicare una rottura fra Israele e Gesù. Siccome Israele non lo vuole comprendere e non lo vuole accogliere, allora Gesù darà inizio a una nuova comunità non più raccolta intorno alla legge mosaica, ma raccolta attorno alla sua persona, questa comunità sarà la Chiesa di Gesù, nettamente prefigurata nelle parole: E io a te dico: tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia Chiesa e le potenze degli inferi non prevarranno su di essa.

Il fondamento visibile della Chiesa

Il fondamento visibile della Chiesa di Gesù poggia su un uomo scelto dall’alto a cui viene dato un nuovo nome: Pietro, e non più Simone, figlio di Giona. Simone figlio di Giona è il nome secondo la natura umana, Pietro invece è il nome secondo la grazia, il nome di chi ha ricevuto un’investitura divina al fine di governare la Chiesa. Dio sceglie chi vuole, quando vuole e come vuole, l’occasione della scelta è stata proprio la domanda di Gesù rivolta a tutti i discepoli: Ma voi, chi dite che io sia? Ed è Pietro che trae tutti d’impaccio rispondendo: Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente. E gli altri avranno tirato un bel sospiro di sollievo.

Gesù allora gli dice: Beato sei tu, Simone, figlio di Giona, perché né carne né sangue te lo hanno rivelato, ma il Padre mio che è nei cieli. E qui Gesù evidenzia un principio che vale per tutti: nessuno può avere una conoscenza corretta di lui, se non per un aiuto che viene dal Padre; la carne e il sangue, ossia le risorse umane, non potranno mai condurre a una conoscenza intima di Gesù. In altro luogo aveva detto: Nessuno può venire a me, se non lo attira il Padre che mi ha mandato (Gv 6, 44). E l’insegnamento di San Paolo va nella stessa direzione: Nessuno può dire «Gesù è Signore» se non sotto l'azione dello Spirito Santo (1Cor 12, 3).

Barsotti insiste nel dire che il fondamento della Chiesa non è tanto la professione di fede fatta da Pietro, quanto Pietro stesso: “Non è in una fede astratta, non è in una confessione che era fondata la Chiesa, ma su colui che la fa questa confessione; la roccia non è la fede, la roccia rimane un uomo. Ed è precisamente questo ciò che è proprio di quest’uomo: che egli è il fondamento”. San Giovanni Crisostomo invece, ritiene che il fondamento della Chiesa sia la confessione della fede: “«Su questa pietra» - dice Gesù - «io edificherò la mia Chiesa», cioè sulla fede dimostrata in questa confessione”. Per l’uno la pietra è Pietro, per l’altro è la confessione di fede. Probabilmente le due concezioni non si escludono: Pietro non potrebbe essere il fondamento se la sua confessione di fede non fosse corretta, ma una confessione di fede anche corretta non sarebbe efficace se un uomo non la incarnasse e non la rendesse in qualche modo visibile e concreta. Vediamo qui un esempio di quanto la persona e le opere di Gesù non siano facilmente decifrabili, e come ognuno balbetta quello che può intorno al suo mistero. Di solito, quanti sono consapevoli di balbettare, riescono a dire le cose più belle e profonde intorno a Gesù.

Un mistero inesauribile

La confessione di Pietro si compone di due parti: Tu sei il Cristo, e: il Figlio del Dio vivente. La prima si riferisce al mistero umano di Gesù, la seconda a quello divino. Ma cosa significano esattamente queste affermazioni? La Chiesa, fra grandi lotte e travagli, impiegherà circa quattro secoli e mezzo per definire chiaramente chi è Gesù. Due nature sono unite in lui in una sola persona; la natura divina e la natura umana unite fanno sì che Gesù sia vero Dio e vero uomo; non ci sono in lui due persone, ma una sola persona, la divina persona del Figlio che è anche la seconda persona della Santissima Trinità. Mentre nella Trinità ci sono tre persone e una sola natura, in Gesù c’è una sola persona e due nature. Anche l’Ave Maria, non consente scappatoie, ma richiama ogni volta il mistero di Gesù, infatti, Maria è chiamata “Madre di Dio”, non in quanto genera la divinità di Gesù, ma in quanto gli dona l’umanità; Gesù è una persona in virtù della persona divina del Figlio unità all’umanità ricevuta da Maria. Maria è detta “madre di Dio”, e non, più semplicemente: “madre di Cristo”, perché sia richiamato e affermato con più forza il mistero di suo Figlio.

Non diffondere troppo presto ciò che si conosce di Cristo

Dopo che Piero, su ispirazione del Padre, aveva dato la risposta giusta, Gesù non vuole che quanto i discepoli sanno di lui sia divulgato: Allora ordinò ai discepoli di non dire ad alcuno che egli era il Cristo. Cristo significa “unto”, ma Gesù non è un unto come potevano essere unti i re di Israele, ma è il Cristo, ossia l’unto per eccellenza, l’Inviato definitivo di Dio; non è uno dei profeti, ma Colui di cui i profeti avevano profetato. È il Re e profeta destinato a regnare non solo su Israele, ma su tutti i popoli; tuttavia, il Regno come lo intendono gli uomini è diverso da come lo intende Dio. Secondo gli uomini la gloria di un regno dipende dall’ampiezza del suo territorio, dalle ricchezze materiali che possiede, dal numero dei suoi abitanti, da quanti popoli rientrano nel suo dominio.

Il regno di Dio invece è soprattutto il regno dell’amore, dell’amore di Dio per la sua creatura, i suoi confini non corrispondono a quelli delle nazioni, perché il Regno di Dio è presente quando una creatura risponde con amore all’Amore. Ma il paradosso, difficilissimo da comprendere, è che Dio, per conquistare il cuore dell’uomo, non ha voluto altro mezzo se non quello di morire sulla croce. Ora, questo paradosso non lo comprendevano, in quel momento, neanche i discepoli, figuriamoci gli altri. Quando Gesù affronterà la Passione, Pietro stesso, nonostante la sua bella professione di fede lo rinnegherà, e gli altri fuggiranno; anche loro, che sapevano che Gesù è il Cristo e il Figlio del Dio vivente, sono rimasti scandalizzati; non conveniva allora divulgare questa notizia, per non provocare nella gente un inutile scandalo. Invece, dopo l’evento glorioso della risurrezione, sarebbe stato più semplice dire che Gesù era sia il Messia, sia il Figlio di Dio, perché il fatto della risurrezione rendeva sopportabile il fatto della sua estrema umiliazione, e della sua morte. Quanto detto dipende molto dalle riflessioni di San Giovanni Crisostomo su questo punto.

Il divieto di Gesù ci rivela inoltre alcuni tratti della sua saggezza, della sua prudenza e della sua bontà; Gesù non vuole imporre pesi troppo pesanti a coloro che non sarebbero in grado di portarli, per quanto può non vuole rendere il cammino degli uomini troppo difficile, ma tutto governa in funzione dei tempi e degli eventi, distribuendo i pesi a seconda di ciò che ognuno può portare.

Gesù interpella tutti

Vediamo in questo brano che due categorie di persone sono chiamate a confrontarsi con Gesù: la gente e i discepoli; in entrambi i casi l’iniziativa non parte dagli uomini, ma da Gesù. Non è la gente che ha inventato Gesù, ma è Gesù che ha fatto irruzione nella storia della gente. Anche con i discepoli è Gesù che prende l’iniziativa e li interroga. Questo per dire che la vita dell’uomo è essenzialmente una risposta alle iniziative di Dio, e a seconda della risposta si progredisce più o meno nella sua conoscenza. In generale si progredisce, non a partire da idee chiare e distinte, ma da idee vaghe e confuse. Qualcosa accade nella vita, ma non sappiamo bene che senso dare a ciò che accade; tante cose sentiamo raccontare, ma non tutte hanno uguale importanza; tanti personaggi vogliono essere ammirati e seguiti, ma non tutti lo meritano. Fra tanti eventi, notizie e personaggi, sentiamo anche di notizie e di eventi che riguardano Gesù, e allora avviene un primo giudizio, una prima divisione: ci sono coloro che rimangono perfettamente indifferenti a tutto ciò che sentono dire di lui; altri, percepiscono il pericolo di lasciarsi coinvolgere dalla sua persona e lo fuggono; altri, sentono che “il problema Gesù” merita qualche approfondimento, e allora si impegnano nel cercare di capire un po’ meglio.

Questi ultimi, se si impegnano in una ricerca seria e onesta, saranno aiutati da Gesù stesso a progredire nella sua conoscenza, se invece la loro ricerca non è molto seria, allora saranno come la “gente” la cui conoscenza non va oltre le idee vaghe e confuse, ma su idee vaghe e confuse non si può costruire niente di solido, e si è esposti al mutare dei venti e delle stagioni, ossia all’instabilità dei pensieri umani intorno a Gesù e alla sua opera. Tuttavia, conoscere o non conoscere a fondo Gesù, non è indifferente, non è senza importanza, perché lui, essenzialmente, ci propone il suo amore, e dalla risposta che gli diamo dipendono il senso della vita, la salvezza, l’infelicità o la beatitudine. Per cui alla domanda: Voi, chi dite che io sia? Si può anche rispondere che Gesù è colui di cui abbiamo bisogno perché la vita abbia un senso; colui di cui abbiamo bisogno per essere salvati; colui il cui amore può rispondere pienamente alla sete di infinito che ci rende sempre inquieti. Nessuna filosofia e nessun semplice uomo può rispondere pienamente ai desideri profondi del nostro cuore. Queste risposte dicono chi è Gesù in rapporto ai benefici che riceviamo da lui, ma dicono poco sul mistero che lui è in sé stesso, la piena conoscenza del suo mistero l’avremo soltanto il giorno in cui lo vedremo faccia a faccia.

Che la Santa Vergine ci doni il desiderio di conoscere sempre meglio suo Figlio e ciò che ha fatto per noi.

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Consapevole che le meditazioni proposte non sono che incerti balbettii, faccio appello alla carità  del lettore perché vengano accolte con benevolenza. In fondo, davanti a Dio, siamo tutti dei bambini bisognosi di imparare a parlare l'unica lingua che si parli nel suo Regno, la lingua dell'amore.

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