Meditazioni sul Vangelo

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Med. br124

Lungo il cammino Gesù si fa vicino (Lc 24, 13-35)

 Emmaus

Nel vangelo di Luca i racconti della risurrezione sono divisi in tre parti: nella prima l’evangelista narra lo sconcerto delle donne che vanno al sepolcro, lo trovano aperto ma non vedono Gesù, vedono invece due uomini in abito sfolgorante (Lc 24, 4) i quali dicono che Gesù è risorto; segue un lungo e dettagliato racconto di due sconsolati discepoli che vanno verso Emmaus conversando tra loro di tutto quello che era accaduto; nella terza parte Gesù appare ai discepoli chiusi in casa per timore dei Giudei (Gv 20, 19). L’episodio dei discepoli di Èmmaus ha quindi per l’evangelista un ruolo centrale nell’annuncio della risurrezione, infatti, è come se Luca volesse riassumere i vari momenti del cammino dei discepoli di tutti i tempi. La caratteristica del racconto è che Gesù non viene riconosciuto subito, ma solo alla fine di un percorso che va dallo sconforto alla visione del Risorto. L’episodio inizia così: Ed ecco, in quello stesso giorno due di loro erano in cammino per un villaggio di nome Èmmaus.

Lo sconforto dei discepoli

Il giorno di cui si parla è il giorno della risurrezione del Signore, giorno in cui la vita ha vinto la morte, la luce ha sconfitto le tenebre, l'amore ha trionfato sull'odio. Questa notizia incominciava a diffondersi, perché Gesù appariva ora agli uni, ora ad altri. Due discepoli, che seguendo il Signore erano giunti a Gerusalemme, ora se ne allontanavano sconsolati, e lungo il cammino conversavano di tutto quello che era accaduto. Ma che cosa era accaduto a Gerusalemme? A Gerusalemme si era concluso un dramma in cui: “Morte e vita si erano affrontate in un prodigioso duello, e il Signore della vita era morto” (Cfr. Seq. di Pasqua).

Con la morte del Signore, erano venute meno anche le speranze di coloro che lo avevano seguito affascinati dalla sua sapienza, dalla sua bontà, dalle sue promesse, dalla potenza dei suoi miracoli. Chi se non lui poteva riformare la società, guarirla dalla corruzione, dall'ipocrisia, dalla mancanza di fede? Chi se non lui poteva liberare Israele?... Ma ora, colui che aveva alimentato queste speranze era morto, ucciso dall'odio dei suoi nemici.

C'erano poi altri aspetti in quegli avvenimenti che lasciavano sconcertati: in primo luogo il comportamento di Gesù, il quale non aveva fatto nulla per sottrarsi alla crescente ostilità che si stava abbattendo su di lui, ma si era offerto con docilità a coloro che lo volevano uccidere, e i suoi discepoli, che avrebbero voluto combattere e morire per lui, non sapevano più cosa pensare. Un altro aspetto sconcertante era il silenzio di Dio nel momento più drammatico della vicenda, silenzio talmente incomprensibile e doloroso da strappare a Gesù morente il lamento: Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?... (Mt 27, 46).

Evidentemente questi avvenimenti e gli interrogativi che suscitavano erano talmente superiori alle forze dei discepoli da lasciarli oppressi e disorientati. Allora, Gesù in persona si accostò e camminava con loro. Ma i loro occhi erano impediti a riconoscerlo. Gesù non poteva non farsi vicino e camminare con coloro che erano onestamente alle prese con una situazione e degli interrogativi più grandi di loro. Gesù è presente eppure non è riconosciuto, la sua presenza è in un primo tempo silenziosa e nascosta, è una presenza che non s’impone, ma si propone di camminare silenziosamente a fianco di coloro che sono nell'afflizione. Ed è quello che normalmente accade nella vita degli uomini, Gesù c’è, li segue, ma non è riconosciuto; perché la sua manifestazione richiede un lavoro preliminare, che consiste nel far sorgere le vere domande sulla condizione umana, domande di cui lui è la risposta, ma non può rispondere se non vengono prima poste le domande. Il comportamento di Gesù ci insegna quindi che è inutile e contro producente dare delle risposte quando queste non rispondono a un’attesa vitale. Non sono le risposte che mancano, ma coloro che pongono le vere domande, coloro che hanno sete, non di curiosità, ma di verità.

Le strane domande di Gesù

L'afflizione dei discepoli resterebbe senza rimedio se la presenza del Signore non si facesse a poco a poco più manifesta. Gesù rompe il silenzio con una domanda: Che sono questi discorsi che state facendo fra voi durante il cammino? Sembra la domanda di uno che viene da un altro mondo e non sa ciò che tutti ormai sanno; infatti, uno dei due gli dice: Tu solo sei così forestiero in Gerusalemme da non sapere ciò che vi è accaduto in questi giorni? Che cosa? Replicò il Signore.

C'è in questo dialogo qualcosa di strano. Il Signore interroga i discepoli come se volesse fare emergere gli interrogativi accennati in precedenza, vale a dire: come mai Dio, che è sommamente amante del diritto e della giustizia, tace e non interviene quando ha luogo la più grande delle ingiustizie, ossia l'uccisione dell'innocente suo Figlio? Come mai Dio permette che i malvagi opprimano il giusto fino a ucciderlo? Come mai Dio permette che il male trionfi sul bene assumendo anche proporzioni intollerabili? Come mai le speranze che Gesù aveva alimentato sembrano naufragare nel mare della cattiveria umana? Tutte queste cose sono successe, e succederanno, continuando a opprimere e a suscitare interrogativi senza risposta in coloro che, di fronte a momenti tragici della condizione umana, non si accontentano di risposte superficiali.

Il comportamento del Signore è paradossale, infatti, dà l’idea di uno completamente estraneo agli avvenimenti che tanto angustiano i discepoli. In realtà, colui che credevano estraneo e assente, era stato al centro degli eventi e nessuno come lui aveva sofferto fino in fondo gli aspetti più intollerabili e ripugnanti del male e dell'ingiustizia.

Questo paradosso descrive con precisione sorprendente ciò che accade ogni volta che l'uomo, afflitto o in rivolta a causa del male che lo opprime, si rivolge a Dio accusandolo di insensibilità, di ingiustizia o di inerzia nei confronti di situazioni insostenibili e inammissibili. Tali situazioni possono suscitare due tipi di rivolta: la rivolta del "giusto" e la rivolta del peccatore. Esempi tipici della rivolta del giusto sono i lamenti dei profeti, ecco quello di Abacuc: Tu dagli occhi così puri che non puoi vedere il male e non puoi guardare l'iniquità, perché, vedendo i malvagi, taci mentre l'empio ingoia il giusto? (Ab 1, 13). La rivolta del peccatore è raccontata da Luca in questi termini: Uno dei malfattori appesi alla croce lo insultava: "Non sei tu il Cristo? Salva te stesso e anche noi!" (Lc 23, 39).

Allora, quando le nostre rivolte oscillano fra il lamento dei profeti e l'insulto del malfattore, dobbiamo sapere e credere che Colui che noi pensiamo assente o estraneo al nostro dramma, si trova in realtà misteriosamente al centro di esso e soffre più di noi per le ingiustizie e i mali che ci opprimono.

Dire tutto a Gesù

Gesù dunque si fa raccontare dai discepoli i fatti come li avevano vissuti, ma che non riuscivano a comprendere; gli dicono infatti di Gesù Nazareno, che fu profeta potente in opere e in parole… e i sommi sacerdoti e i nostri capi lo hanno consegnato per farlo condannare a morte e poi l'hanno crocifisso. Noi speravamo che fosse Lui a liberare Israele. Noi speravamo che… Lui, Gesù sembra non mantenere le sue promesse, le aspettative di chi lo segue non vengono soddisfatte, ed è un momento critico in cui rischiamo di separarci da lui, la vicenda di Giuda ne è un esempio. Questo accade perché il mistero del male nelle sue molteplici forme è troppo grande e troppo forte, distrugge ogni speranza, abbatte, sconcerta e disorienta; finché ne discutiamo fra noi, come facevano i discepoli prima che Gesù camminasse con loro, il nostro dolore rimane senza sollievo ed i nostri interrogativi senza risposta; le cose invece cambiano quando ogni nostra preoccupazione e ogni nostro dolore vengono posti nelle mani del Signore, perché i nostri dolori più profondi non possono trovare sollievo ed i nostri interrogativi più veri una risposta, se non da un balsamo e da una luce che non sono naturali ma soprannaturali.

I due raccontano poi della vicenda delle donne che, giunte al sepolcro, non avevano trovato Gesù ma avevano avuto anche una visione di angeli, i quali affermano che egli è vivo. Anche questo non capivano ed era motivo di sconcerto. Questa parte del racconto mostra come non sia solo il mistero del male a sconvolgere la vita dell'uomo, ma anche il mistero del bene, e i discepoli sono lavorati dall'uno e dall'altro mistero. Così anche noi, senza Gesù non possiamo comprendere, né il mistero del male, né quello del bene, sebbene in ogni momento entrambi operino nella nostra vita.

A questo punto i discepoli hanno deposto nelle mani del loro misterioso compagno tutte le loro angustie, tutti i loro interrogativi e i loro sconvolgimenti, ed è un passaggio fondamentale perché il Signore possa progressivamente illuminare ogni cosa. La luce dell’alba è sempre preceduta dal buio della notte, se non accettiamo di essere macerati dall’incomprensione, dall’insufficienza delle nostre traballanti filosofie, dai drammi che la vita ci riserva, dal vuoto che, per quanto facciamo, non riusciamo a colmare, vuol dire che non siamo ancora pronti a ricevere la luce e l’amore che Gesù vuole donarci; finché ci accontentiamo delle nostre spiegazioni e del benessere che abbiamo raggiunto, Gesù non può darci i suoi beni e le sue spiegazioni. Ogni oscurità e ogni aspirazione, solo in lui trovano un’adeguata risposta, ma questo implica la rinuncia a ogni luce e a ogni vita che non siano la sua luce e la sua vita.

Verso la manifestazione di Gesù

A questo punto la strada è tutta in discesa, in quanto ci sono le condizioni perché Gesù possa progressivamente trarre dalla desolazione i due discepoli. L’inizio dell’operazione non è tuttavia indolore, infatti Gesù dice: Stolti e lenti di cuore a credere in tutto ciò che hanno detto i profeti! Non bisognava che il Cristo patisse queste sofferenze per entrare nella sua gloria? Anche a noi Gesù potrebbe dire le stesse cose, perché ciò che ha detto ai discepoli di allora è detto per tutti i discepoli, tutti siamo duri di cervice e facciamo fatica a comprendere il progetto di Dio contenuto nelle Scritture, progetto che ha al centro Gesù, uomo e Dio, Salvatore degli uomini, crocifisso, risorto e asceso al Cielo, e ha come fine di condurci alla Gloria, ma per raggiungere la Gloria anche noi dobbiamo patire queste sofferenze. La Gloria è lasciare questo mondo per entrare nel mondo di Dio, è vedere Dio, è stare a mensa con lui, è vivere della sua stessa vita. Ma facciamo fatica ad accogliere questa prospettiva, a desiderare queste cose, a staccare il nostro affetto dalle cose di questo mondo, e a cercare le cose di lassù, dove si trova Cristo, assiso alla destra di Dio (Col 3, 1). Allora è necessario che Gesù, lungo il cammino di questa vita, pazientemente ci lavori e ci spieghi come stanno veramente le cose: Cominciando da Mosè e da tutti i profeti, spiegò loro in tutte le Scritture ciò che si riferiva a lui, ma ciò che si riferisce a lui riguarda anche noi, perché lui è l’unico nome dato agli uomini sotto il cielo nel quale è stabilito che possiamo essere salvati (At 4, 12). Quando è Gesù a spiegarci la Scrittura - qualunque sia il mezzo di cui si serve -, la comprendiamo veramente; allora il nostro cuore incomincia a scaldarsi e riprende vigore, perché ogni aspetto della vita è illuminato dalla luce vera (Gv 1, 9); Non ardeva forse in noi il nostro cuore mentre egli conversava con noi lungo la via, quando ci spiegava le Scritture? Così, la vita, la luce, la speranza, ritornano e accendono il desiderio della visione finale, quella che ci farà beati per l’eternità: Allora si aprirono loro gli occhi e lo riconobbero.

La Santa Vergine doni anche a noi il desiderio di vedere suo Figlio nella Gloria.

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  • Ultimo aggiornamento 09-01-2024

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  • Il perdono che non può essere concesso (Gv 20, 22-23)

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    Il bisogno di amare - poco e molto, storia in due tempi - le paure del servo malvagio - l’oscuramento della ragione - Dio non ci chiede più di quanto possiamo dare - chi è umile accetta di farsi aiutare - la possibilità della perdizione - tentativo di riflessione sull’inferno - come evitare la perdizione

  • La parabola dei talenti (Mt 25, 13-30 || Lc 19, 11-28) - Ia parte

    Un compito difficile - Ciò che non vorremmo sentire - Il rischio di un malinteso - Cosa si aspetta il padrone dai suoi servi - Il problema del vero bene dell’uomo - Prima il poco, poi il molto

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    Cristo giudica il ricco malvagio - Un caso di impenitenza finale - Esame dei sentimenti del ricco - Il pensiero di Santa Caterina da Siena - La parabola nell’opera di Maria Valtorta - Più di un morto che risuscita...

  • Le riche épulon et le pauvre Lazare

    Le Christ juge le mauvais riche - Un cas d’impénitence finale - Examen des sentiments du riche - La pensée de Sainte Catherine de Sienne - La parabole dans l'œuvre de Maria Valtorta - Plus qu’un mort qui ressuscite...

  • Come mai questo tempo non sapete valutarlo?

    Difficoltà di valutare il senso del tempo - Un compito troppo difficile - L’invito inascoltato - L’inevitabile combattimento.

  • Aprì loro la mente per comprendere le scritture

    Non è così facile comprendere le Scritture - Il centro delle Scritture - Un progetto singolare - Non è una questione di belle parole.

  • Il fico maledetto

    Come gli antichi profeti - L'osservazione di Marco - Senza vie di scampo - L'attacco - Il contrattacco - Sacerdoti, scribi e noi.

  • Gesù esamina Pietro sull'amore

    Le domande di Gesù - Le risposte di Pietro - Pietro abbandonato dal Signore - Nato per fare il capo - Teresina di Lisieux e don Divo Barsotti.

  • Gli invitati al banchetto di nozze - 2

    Il re cerca altri commensali - Un invito accolto con poco entusiasmo - Situazioni impossibili - Due volte indegni - Un pericolo mortale.

  • Gli invitati al banchetto di nozze - 1

    Un racconto paradossale e drammatico - Ci bastano le feste umane - Come si uccidono i messaggeri di Dio - Apparente ingiustizia.

  • Quando Dio resiste alla preghiera ... (Lc 11, 5-13)

    Non ho nulla da offrirgli - Un singolare amico - Non conosciamo noi stessi - Fatti per un altro mondo ...

  • La parabola degli operai nella vigna (Mt 20, 1-16)

    Difficoltà  di comprendere un comportamento ingiusto - Ingiustizia che torna a nostro favore - Chi consola questa parabola.

Consapevole che le meditazioni proposte non sono che incerti balbettii, faccio appello alla carità  del lettore perché vengano accolte con benevolenza. In fondo, davanti a Dio, siamo tutti dei bambini bisognosi di imparare a parlare l'unica lingua che si parli nel suo Regno, la lingua dell'amore.

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