Lc 13, 3. Se non vi convertite, perirete tutti allo stesso modo
Come sempre accade quando succedono fatti tragici la gente rimane impressionata. Il Vangelo di Luca cap. 13 vv. 1-5 ne riporta due: l'uccisione violenta da parte dei soldati di Pilato di alcuni Galilei e la morte di 18 persone a Gerusalemme per il crollo della torre di Siloe. Considerando quanto accaduto Gesù dice: Se non vi convertite, perirete tutti allo stesso modo.
A prima vista queste parole sembrano esagerate e non corrispondenti alla realtà, infatti, non tutti quelli che muoiono muoiono di morte violenta perché coinvolti in fatti d'armi o perché improvvisamente raggiunti da qualche calamità. E neanche si può dire che la morte violenta è sempre riservata ai peccatori mentre la morte non violenta è sempre riservata ai giusti. Allora, in che senso si debbono comprendere le parole del Signore?
Esse non devono essere riferite o applicate alle circostanze materiali o esteriori della morte, ma allo stato dell'anima di chi muore. A seconda di questo stato, indipendentemente dalle circostanze esteriori, la morte può avere un carattere tragico oppure no. Per chi non ha la fede, per chi non coltiva l'amicizia con il Signore la morte e il tempo che la precede avrà sempre un carattere tragico anche se non è investito dalla torre di Siloe o non è trafitto dalle spade di Pilato. Mentre a chi ha la fede, il Signore può far giungere le sue grazie e le sue consolazioni, così, anche se la tribolazione finale non è tolta, essa viene vissuta non come una tragedia, ma come purificazione da accettare per poter entrare finalmente nello splendore della Vita, della Luce, dell'Amore. A conferma di quanto detto possiamo osservare la differenza fra la morte di chi non si è preoccupato di acquistare e coltivare il dono della fede e la morte dei cristiani, dei martiri, dei santi.
Conviene infine considerare che la morte di chi non si converte può essere una tragedia senza rimedio, perché con l'ostinato rifiuto di aderire al Signore uno si prepara all'esclusione definitiva dalla beatitudine della vita divina.
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Consapevole che le meditazioni proposte non sono che incerti balbettii, faccio appello alla carità del lettore perché vengano accolte con benevolenza. In fondo, davanti a Dio, siamo tutti dei bambini bisognosi di imparare a parlare l'unica lingua che si parli nel suo Regno, la lingua dell'amore.
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