Meditazioni sul Vangelo

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SE UNO NON ODIA SUO PADRE... LE PARABOLE DELLA TORRE E DELLA GUERRA DEI RE

Lc 14, 25-33

Nota

La meditazione che segue è stata proposta durante un incontro di preghiera nella quaresima del 2000. Essa tenta di cogliere il rapporto fra le parabole della costruzione della torre e della guerra dei re con le forti parole che le precedono. L'idea che la sorregge è la seguente: le parabole sono viste come risposta alle possibili mormorazioni contro le esigenze dell'amore di Dio manifestate dalle parole di Gesù.

È come se il Signore dicesse: "Le mie parole vi sembrano troppo dure, troppo esigenti, impossibili da accogliere? Eppure sono un richiamo a costruire la vostra vita sul mio Amore, l'unico che può rispondere pienamente alle attese del vostro cuore. Se non le volete accogliere, l'alternativa è costruire la vita sugli amori umani; l'invito che vi rivolgo è di fermarvi un momento a considerare se avete risorse sufficienti per portare a termine l'impresa. Siete liberi di governare l'esistenza nel modo che ritenete più opportuno, sappiate però che si avvicina il giorno di un confronto: il confronto fra il modo in cui avrete governato la vostra vita e le esigenze dell'Amore di Dio. Per evitare spiacevoli sorprese e inutile battaglia vi conviene esaminare se con diecimila uomini riuscireste a prevalere sul mio esercito che ne ha ventimila".

MEDITAZIONE

I miei pensieri non sono i vostri pensieri

Le parole di Gesù: Se uno viene a me e non odia suo padre, sua madre, la moglie, i figli, i fratelli, le sorelle e perfino la propria vita, non può essere mio discepolo, per qualcuno potrebbero non essere facilmente digeribili, ma piuttosto indigeste. Questo sarebbe un buon segno, perché vorrebbe dire che si sta cercando di assimilare quanto si è letto o ascoltato, sarebbe molto più grave se queste parole ci lasciassero indifferenti. Le parole di Dio sono per noi piuttosto oscure e misteriose, a volte inquietanti. I suoi pensieri non sono i nostri pensieri, le sue vie non sono le nostre vie (Is 55, 8).

Molti si illudono di riuscire a cavarsela lasciando che Dio percorra le sue vie e noi le nostre, pensando che in fondo le nostre siano molto più comode. Ma supponiamo che qualcuno abbia il desiderio di capire un po' meglio come stanno le cose, e abbia il sospetto o il timore che, prima o poi, bisognerà fare i conti con i pensieri e le vie di Dio. Ebbene, quando si è intenzionati a confrontarsi con le vie e i pensieri di Dio, conviene manifestargli con la massima sincerità e con la massima libertà ogni nostra perplessità, ogni nostro dubbio, ogni nostro timore, senza aver paura di metterlo in difficoltà, e allora, prima o poi, ogni sincera ricerca della verità sarà ricompensata, ma per trovare bisogna cercare, per avere delle risposte bisogna porre delle domande. Chi chiede ottiene, chi cerca trova e a chi bussa, sarà aperto (Lc 11, 10).

Proviamo allora a manifestare al Signore alcune perplessità: "Beh, non sembra che queste parole siano destinate a suscitare un grande entusiasmo, anzi, più che il desiderio di seguirti sembrano dette apposta per suscitare il proposito di fuggirti; come non fuggire da chi sembra attaccare tutto ciò che abbiamo di più caro? Le cose più care che abbiamo sono infatti l'amore di un padre, di una madre di uno sposo o di una sposa, l'amore per i propri figli, tutti cerchiamo di costruire la nostra esistenza a partire da questi amori e in vista di questi amori. A dire il vero ci saremmo anche aspettati da te gli aiuti necessari per costruire con i padri, le madri, le spose, rapporti di amore belli, armoniosi, fecondi...

E poi, le due parabole che seguono, cosa significano? Danno l'impressione di essere slegate dalle parole che le precedono. Cos'è questa storia di uno che vuol costruire una torre? E la storia di un re che vuol partire in guerra contro un altro re, hanno forse qualche rapporto con le nostre quotidiane preoccupazioni? Noi siamo per la pace, a partire in guerra contro qualcuno non ci pensiamo proprio, non chiediamo che di vivere tranquilli, non chiediamo che di essere lasciati tranquilli...".

Una volta poste le domande bisogna fare qualche sforzo per cercare le risposte. Il nostro sforzo manifesta il desiderio di capire. E se, nonostante gli sforzi, non avremo trovato risposte soddisfacenti, possiamo e dobbiamo sperare nel soccorso del Signore, perché, in fondo, una risposta veramente soddisfacente solo Lui la potrà dare, ma la sua luce raggiungerà soltanto coloro che hanno accettato la fatica e il tormento della domanda, la luce raggiungerà soltanto coloro che veramente la desiderano. Se desideriamo la verità, troveremo la Verità, se non desideriamo la verità è la Menzogna che si impossesserà di noi e ci farà andare in rovina.

L'impresa nella quale ognuno di noi è coinvolto

Se il Signore alle parole che ha pronunciato ha fatto seguire le parabole della costruzione della torre e della guerra dei re, un motivo ci deve essere, anche se per noi non è immediatamente chiaro sia il loro significato, sia il legame con le parole che le precedono. Per cercare di cogliere questo significato e questo legame è utile riflettere su un fatto che dovrebbe essere abbastanza chiaro a tutti; il fatto è questo: ognuno di noi tende a costruire la propria felicità, o il proprio benessere, a partire dall'amore e in vista dell'amore. Quando si è bambini ci si appoggia sull'amore del padre e della madre e quando si è giovani si va alla ricerca di uno sposo o di una sposa; ognuno di noi tende inoltre a rifugiarsi in questi amori nei momenti di pericolo, di difficoltà o di sconforto. Tutto questo è per noi così naturale e scontato come è naturale e scontato pensare che sia il sole a girare intorno alla terra.

Ora, l'impresa di costruire il nostro benessere e la nostra sicurezza a partire dall'amore del padre e della madre prima, ed in vista dell'amore per lo sposo e per la sposa poi, è simile all'impresa della costruzione di una torre. Infatti, come un uomo decide di costruire una torre per aumentare il suo prestigio, il suo benessere e la sua sicurezza, così noi tentiamo di costruire il nostro prestigio, il nostro benessere e la nostra sicurezza a partire da un certo numero di amori umani. Gli amori umani sui quali maggiormente ci appoggiamo o sui quali maggiormente investiamo le nostre risorse sono senza dubbio l'amore del padre e della madre, l'amore per lo sposo o per la sposa, l'amore per i figli. A questi si aggiungono in genere un certo numero di amori minori, ad esempio: l'amore per la natura, per il gioco, per la buona cucina o per il successo; i più raffinati coltiveranno l'amore per il canto, la pittura, la scultura e così via...

Ebbene, a quanti hanno orecchie per intendere il Signore chiede di fermarsi un momento e di avere il coraggio di una verifica. Chiede di verificare se abbiamo i mezzi sufficienti per portare a termine la nostra impresa, in altre parole ci chiede di verificare se gli amori umani, sui quali ci appoggiamo e nei quali investiamo tutte le nostre energie, riusciranno alla fine a rispondere pienamente alle nostre attese, se riusciranno alla fine a ottenerci quella felicità, quella pienezza di vita e quella sicurezza a cui aspiriamo.

Ora, se riflettiamo attentamente, possiamo constatare che qualsiasi amore umano, sebbene prometta subito mare e monti, col passare del tempo però, manifesta inequivocabilmente i suoi limiti, lasciando un certo senso di insoddisfazione nelle zone più profonde del nostro cuore. In molti casi riserva anche amare delusioni, tanto più amare quanto più grande era la felicità che quell'amore sembrava promettere. E allora? Perché gli amori umani ci ingannano in questo modo? Perché promettono così tanto e mantengono così poco?

L'incredibile eredità che ci attende

Per cercare di comprendere il significato degli amori umani facciamo un esempio. Un giorno riceviamo una lettera nella quale è scritto che un nostro zio d'America, morendo, ci ha lasciato un'eredità strabiliante, siamo quindi invitati a recarci là per prenderne possesso. Per andare in America possiamo iniziare il viaggio con la macchina o col treno, ma né l'una né l'altro sono in grado di attraversare l'oceano, a un certo punto dovremo lasciarli per salire su un aereo o su una nave, unici mezzi in grado di compiere la traversata.

Allo stesso modo, gli amori umani hanno il compito di condurci fino a un certo punto sul cammino che conduce al possesso della nostra incredibile eredità, vale a dire la beatitudine dell'Amore, ma più di tanto non possono fare, allora ci rivelano i loro limiti come per dirci che non sono loro la meta ultima in cui possiamo trovare riposo. Potremmo ancora paragonare ogni amore umano all'Antico Testamento, ossia pensarlo come una preparazione, un'immagine, un'attesa della venuta di Cristo. Ogni amore umano infatti, serve ad accendere in noi il desiderio dell'amore, serve a educarci all'amore, è un'immagine della gioia e della bellezza dell'amore, ma non è l'amore assoluto e definitivo, non è quell'amore che può rispondere pienamente alle attese del nostro cuore.

Succede però che, tanto o poco, ognuno di noi ha la tendenza a sperare dall'amore umano un qualche cosa di assoluto, ognuno di noi ha la tendenza a chiedere a un amore umano ciò che un amore umano non può dare; ognuno di noi ha poi la tendenza a far ruotare ogni cosa intorno a uno fra i più grandi amori umani, ossia intorno all'amore di sé. Stando così le cose abbiamo una grande necessità che qualcuno faccia cadere le nostre illusioni, corregga i nostri errori di prospettiva e ci orienti sulla retta via, a questo tendono le parole del Signore, che ci dice: "Io sono l'Amore Assoluto, Io solo sono quell'Amore che può rispondere pienamente alle attese del vostro cuore. Io sono l'Amore a cui ogni altro amore deve essere ordinato e se uno mette l'amore del padre o della madre, dello sposo o della sposa o dei figli prima di me non è degno di me".

La parabola della guerra dei re

Rimane da esaminare a questo punto la parabola del re che con diecimila uomini vorrebbe partire in guerra contro un re che ne ha ventimila. Se Gesù ha raccontato questa storia agli uomini del suo tempo è perché è una storia che vale per gli uomini di tutti i tempi, anche per noi oggi. Ma perché una parabola illumini veramente, dobbiamo riuscire a cogliere in che modo la storia in essa contenuta è simile alla nostra storia. La forza di questa similitudine può sfuggirci per lungo tempo, ma quando ci sarà dato di coglierne il senso, la luce di Cristo avrà diradato un altro po' le tenebre che avvolgono la nostra mente e angustiano il nostro cuore.

Esaminiamo allora gli elementi caratteristici di questa parabola. Intanto ci sono due re, ma questi re non sono ugualmente potenti, uno è molto più forte dell'altro. I rapporti fra i due inoltre, non sembrano caratterizzati dall'amicizia, anzi, viene evocata la prospettiva della guerra. È poi detto che il re più debole corre il rischio di essere stolto, tanto stolto da andare in guerra per essere sconfitto. Sarebbe infatti sicuramente sconfitto se, con diecimila uomini, volesse affrontare il suo avversario che ne ha ventimila. Il racconto si conclude suggerendo che sarebbe molto più saggio rinunciare alla guerra per cercare i termini di un'intesa.

Per comprendere come tutto questo ci riguarda da vicino, conviene ancora fermarsi a riflettere sulla figura del re. Chi è il re e che cosa fa? Tutti sappiamo rispondere a queste domande. Il re è un capo supremo e governa tutti i suoi territori, è lui che fa le leggi stabilendo ciò che si deve fare e ciò che non si deve fare in tutti i suoi territori. Il re è uno che riceve onori e benefici da tutti i suoi sudditi. Il re è uno che si preoccupa di difendere il suo regno da eventuali invasioni o da eventuali altri re che pretendessero dettar legge in casa sua.

Ora, uno dei due re di questa parabola siamo noi, ognuno di noi infatti è il capo supremo della propria esistenza e la governa secondo certe leggi; siamo noi infatti a stabilire ciò che sia giusto fare o non fare in tutte le circostanze della vita. C'è poi in noi, come in tutti i re, il desiderio di ricevere onori e benefici da tutte le persone che ci circondano, ognuno di noi ha la tendenza a far ruotare ogni cosa intorno ai propri interessi. Quello poi che non vogliamo assolutamente è che qualcun altro venga a dettar legge in casa nostra. Ognuno di noi è re e signore della propria esistenza ed è pronto a difendere con le armi il proprio regno, soprattutto certi territori; se qualcuno si provasse a toccarli vedrebbe scatenarsi la nostra ira.

Se uno dei re della parabola siamo noi, l'altro, quello con ventimila uomini, è il Re divino, il Re dei re, il Signore dei signori. Allora, anche con questa parabola il Signore ci chiede il coraggio di una verifica, ci chiede di verificare se per caso non assomigliamo a quel re stolto che vorrebbe far la guerra contro un Re due volte più forte di lui. Questo accade tutte le volte che il governo della nostra quotidiana esistenza è in contrasto con le leggi stabilite dal Re divino. Noi facciamo guerra al Re divino quando non accettiamo di regolare la nostra vita secondo le sue leggi, ma vogliamo regolarci secondo certe leggi di nostra invenzione che il più delle volte sono fatte apposta per assecondare i nostri comodi, i nostri capricci o i nostri egoismi.

Entriamo anche in guerra contro il Re divino quando non mettiamo l'amore di Dio al primo posto, ma di fatto mettiamo al primo posto l'amore del padre, della madre, dello sposo, della sposa o qualsiasi altro amore umano. Facciamo guerra al Re divino quando non accettiamo che Lui converta e purifichi ogni nostro disordinato amore, o quando, per paura o per vergogna, vogliamo impedire alla sua luce di penetrare nei luoghi più segreti e oscuri della nostra anima. La legge dell'Amore è una legge di reciprocità e di comunione che non prevede luoghi riservati. Inoltre, ci prepariamo alla guerra contro il Re divino quando vogliamo che sia Lui ad adeguarsi ai nostri progetti, e pretendiamo che sia Lui a mettersi al nostro servizio. Di solito ci sono un po' di malintesi, di malumori e di lotte, prima che riusciamo a comprendere che siamo noi a dover aderire ai suoi progetti, siamo noi che dobbiamo fare la sua volontà e non Lui la nostra.

I giorni passano, gli anni avanzano e anche il Re divino avanza e ci viene incontro con le sue truppe, viene per prendere possesso dei suoi territori, viene per prendere possesso del nostro cuore. Vogliamo essere stolti e fargli la guerra? Vogliamo essere così stolti da non capire che il più forte è Lui? Non sarebbe meglio accogliere l'invito a fare con Lui la pace, ed evitare una battaglia nella quale saremmo sicuramente sconfitti?

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Meditazioni  Info
  • Ultimo aggiornamento 09-01-2024

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    Cristo giudica il ricco malvagio - Un caso di impenitenza finale - Esame dei sentimenti del ricco - Il pensiero di Santa Caterina da Siena - La parabola nell’opera di Maria Valtorta - Più di un morto che risuscita...

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    Le Christ juge le mauvais riche - Un cas d’impénitence finale - Examen des sentiments du riche - La pensée de Sainte Catherine de Sienne - La parabole dans l'œuvre de Maria Valtorta - Plus qu’un mort qui ressuscite...

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    Non ho nulla da offrirgli - Un singolare amico - Non conosciamo noi stessi - Fatti per un altro mondo ...

  • La parabola degli operai nella vigna (Mt 20, 1-16)

    Difficoltà  di comprendere un comportamento ingiusto - Ingiustizia che torna a nostro favore - Chi consola questa parabola.

Consapevole che le meditazioni proposte non sono che incerti balbettii, faccio appello alla carità  del lettore perché vengano accolte con benevolenza. In fondo, davanti a Dio, siamo tutti dei bambini bisognosi di imparare a parlare l'unica lingua che si parli nel suo Regno, la lingua dell'amore.

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