Meditazioni sul Vangelo

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Med. br109

Gesù è battezzato da Giovanni (Mt 3, 13-17)

 Battesimo di Gesù

Gesù parte da Nazaret, in Galilea, (Mc 1, 9) e scende fino in Giudea con l'intenzione di farsi battezzare da Giovanni Battista; arriva a Betània, al di là del Giordano, dove Giovanni stava battezzando (Gv 1, 28), e si mette in fila come un peccatore qualunque per ricevere il battesimo, quando arriva di fronte a Giovanni, questi si stupisce trovando molto strano il comportamento di Gesù, gli dice infatti: Sono io che ho bisogno di essere battezzato da te, e tu vieni da me? Giovanni, che era stato mandato per preparare la via a Colui che doveva venire per togliere il peccato del mondo (Mt 11, 3. Gv 1, 29), non comprende come mai Gesù, per togliere il peccato del mondo, si comporta come se fosse anche lui carico di peccato.

Evidentemente, le opere di Dio sono tali da sorprendere anche le persone più sante, anzi, proprio le persone più sante sanno quanto le iniziative di Dio, spesso, facciano saltare gli schemi mentali e le aspettative degli uomini. Se noi non ci stupiamo è perché siamo malati, c'è in noi come una lebbra spirituale, conseguenza del peccato originale, che ci rende insensibili alle parole e alle iniziative di Dio.

Gesù risponde a Giovanni: Lascia fare per ora, perché conviene che adempiamo ogni giustizia; e lui, ubbidendo a queste misteriose parole: lo lasciò fare. E così dovremmo fare anche noi nei confronti del Signore: sia quando comprendiamo, sia quando non comprendiamo, sempre dovremmo lasciarlo fare. Da notare che Gesù parla al plurale: conviene che adempiamo. Gesù e Giovanni li vediamo, ma forse anche altri sono compresi in questo plurale. Tale modo di esprimersi potrebbe allude al fatto che l'opera redentrice di Gesù non è un'iniziativa solitaria, ma è un'impresa decisa nel consiglio Trinitario. Gesù dirà: Nessuno può venire a me, se non lo attira il Padre che mi ha mandato, e ancora: mi lascerete solo; ma io non sono solo, perché il Padre è con me (Gv 6, 44. 16, 32); Gesù sempre agisce in obbedienza e comunione col Padre, inoltre, proprio in questa occasione, anche lo Spirito di Dio viene sopra di lui come una colomba.

Per cercare di comprendere il racconto di Matteo, conviene considerare l’azione di Gesù come gesto profetico che sintetizza in vario modo tutta l’opera della redenzione. Possiamo iniziare riflettendo sul cammino percorso da Gesù da Nazaret al Giordano; i due estremi vanno dai circa 400 metri sul livello del mare di Nazaret, ai circa 400 metri sotto il livello del mare del luogo dove Giovanni battezzava; è possibile scorgervi una figura del percorso che il Figlio di Dio compie facendosi uomo: partendo dall’alto della divinità, raggiunge con l’incarnazione le profondità della terra, perché gli uomini sono caduti tanto in basso da trovarsi addirittura sotto il livello del mare, e lì deve andare per poterli salvare.

Abbiamo prima osservato che Gesù suscita stupore in Giovanni perché, Colui che toglie il peccato del mondo, si presenta come uno dei tanti che ha bisogno del battesimo per essere purificato dal peccato; questo già indica l’intenzione di Gesù di togliere il peccato del mondo prendendo su di sé il peso di tutto il peccato del mondo; qui è il cuore del mistero della redenzione, però, cosa questo voglia dire rimane da esplorare, è un mistero tale che è come il roveto ardente visto da Mosè, dobbiamo avvicinarlo con timore e tremore, togliendoci i sandali, perché questo mistero è grande (Cfr. Es 3, 5).

Gesù dice a Giovanni: Lascia fare per ora; lasciando intendere che è prevista nel piano di Dio una successione di tempi, c’è qualcosa da fare ora a cui seguirà qualcosa di diverso in un secondo tempo. In un primo tempo la missione di Gesù comporta un’umiliazione estrema, che inizia con la nascita nella notte in un ricovero per animali, e terminerà con l’umiliazione ancora maggiore della morte sulla croce; anche allora sarà buio su tutta la terra; tutto questo perché conviene adempiere ogni giustizia. L’umiliazione estrema di Gesù deve bilanciare o riparare un’ingiustizia estrema, quella per cui l’uomo con il suo orgoglio offende e disprezza l’amore di Dio per lui.

L’offesa all’amore di Dio è iniziata dai nostri progenitori quando si sono trovati a dover scegliere fra due parole: una di Dio, l’altra del Demonio; disgraziatamente e stoltamente hanno deciso che era più credibile la parola del Demonio; il che era come dire che la parola di Dio era menzognera, mentre quella del Demonio era veritiera. Dio aveva detto: Del frutto dell'albero... non ne dovete mangiare e non lo dovete toccare, altrimenti morirete; ma il Demonio propone un’altra lettura della realtà, e dice: Non morirete affatto! Anzi (Gn 3, 3-4), e a lui hanno creduto. L’uomo non poteva provocare una catastrofe più grande, non tanto nel mangiare il frutto proibito, quanto nel ritenere il Demonio più credibile di Dio. Nel peccato mortale offendiamo Dio preferendo alla sua parola quella del Demonio.

La rottura dell’amicizia con Dio però, non poteva non avere conseguenze dolorose, tanto più dolorose quanto più preziosa era stata l’amicizia - più un bene è prezioso, più è grande il dolore per la sua rovina -; l’uomo dovrà quindi sperimentare sulla sua pelle cosa significa vivere senza il soccorso della benevolenza divina: significa precipitare sempre più nelle tenebre; i suoi giorni saranno tristi e amari per il dilagare della corruzione, della cattiveria, dei tradimenti, della crudeltà, della follia..., con il loro carico di dolore, disperazione e morte.

La caduta dell’uomo provoca però un contraccolpo nel cuore di Dio, che non può rassegnarsi a perdere la sua creatura, la condizione miserabile in cui è caduta gli sconvolge le viscere: Il mio cuore si commuove dentro di me, il mio intimo freme di compassione (Os 11, 8); questo contraccolpo dà origine all’opera della redenzione. Dio vede la miseria estrema dei suoi figli e decide di fare il possibile e l’impossibile per salvarli dalla morte, per questo il Figlio di Dio scende nelle profondità della terra: per fare luce nelle tenebre, per prendere su di sé il carico di dolore, disperazione e morte che gli uomini non riescono a reggere e rischia di schiacciarli, per distruggere le opere del diavolo (1Gv 3, 8), per riparare con la sua obbedienza e il suo amore l’offesa che aveva ferito e continua a ferire il cuore di Dio. Quest’opera stupisce Giovanni e dovrebbe stupire anche noi, ma siamo così immersi nelle tenebre che non ci rendiamo nemmeno conto del buio che ci avvolge, solo i dolori e le tragedie gridano alle nostre orecchie sorde che la situazione in cui ci troviamo non è normale, qualcosa di grosso deve aver provocato tutto questo mare di dolore. Questo qualcosa di grosso è appunto la rottura dell’amicizia con Dio. Pascal giustamente osservava: il dogma del peccato originale è difficilmente comprensibile, ma la condizione umana sarebbe ancora più incomprensibile senza questo dogma.

Fortunatamente, al tempo dell’umiliazione, del dolore e della morte, segue il tempo della risurrezione e della gloria. Quando Gesù esce dall’acqua del Giordano il Cielo si apre: ed ecco, si aprirono per lui i cieli ed egli vide lo Spirito di Dio discendere come una colomba e venire sopra di lui. Ed ecco una voce dal cielo che diceva: «Questi è il Figlio mio, l’amato: in lui ho posto il mio compiacimento». L’uscita di Gesù dalle acque del Giordano, già prefigura e annuncia il giorno in cui Gesù “uscirà” vivo e glorioso dal sepolcro. Se Gesù sulla croce ha detto: Tutto è compiuto! (Gv 19, 30), a maggior ragione può dirlo nel giorno della sua risurrezione, perché ha portato a termine la sua missione, il cielo non è più chiuso, gli uomini che si uniranno a lui riceveranno il dono dello Spirito Santo e il Padre potrà compiacersi in loro come si compiace nel Figlio. Quando l’opera della redenzione raggiungerà il suo compimento pieno alla fine dei tempi, allora, ogni cosa sarà riconosciuta buona (Sir 39, 34).

Nel frattempo siamo invitati a compiere un movimento simile a quello compiuto da Gesù, come lui è sceso nelle profondità della terra per salvarci, così anche noi, per beneficiare della sua salvezza, dobbiamo scendere nelle profondità del nostro cuore, dobbiamo passare dalla superficie, in cui normalmente viviamo, alla profondità in cui appare la verità di ciò che siamo: senza maschere, senza ipocrisie, senza le menzogne che diciamo a noi e agli altri per attenuare il dramma della nostra miserevole condizione, perché la nostra miseria è il luogo dove Gesù ci da appuntamento, in quanto è questa che ha un disperato bisogno della salvezza che solo Lui può offrirci; se non ci disponiamo a fare questo movimento, inevitabilmente, faremo come i farisei che inutilmente si impegnano a farsi belli di fuori per nascondere la putredine che hanno dentro (Cfr. Mt 23, 27). Immergersi nelle profondità del nostro cuore è come immergersi nel Giordano per essere lavati dalle innumerevoli sporcizie che imbruttiscono il nostro volto; infatti, l’azione simbolica di Gesù allude anche ai sacramenti del battesimo e della confessione, che lui istituirà per concretizzare con dei segni visibili ed efficaci la rigenerazione che a poco a poco vuole operare in noi.

Che la Santa Vergine ci aiuti a comprendere l’amore immenso di suo Figlio per noi.

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Meditazioni  Info
  • Ultimo aggiornamento 09-01-2024

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  • Il perdono che non può essere concesso (Gv 20, 22-23)

    A chi rimetterete i peccati saranno rimessi e a chi non li rimetterete resteranno non rimessi - che cos'è il peccato? - scoperta di alcuni paradossi - l'abominio del peccato originale - l’appuntamento a cui non possiamo mancare

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    Il bisogno di amare - poco e molto, storia in due tempi - le paure del servo malvagio - l’oscuramento della ragione - Dio non ci chiede più di quanto possiamo dare - chi è umile accetta di farsi aiutare - la possibilità della perdizione - tentativo di riflessione sull’inferno - come evitare la perdizione

  • La parabola dei talenti (Mt 25, 13-30 || Lc 19, 11-28) - Ia parte

    Un compito difficile - Ciò che non vorremmo sentire - Il rischio di un malinteso - Cosa si aspetta il padrone dai suoi servi - Il problema del vero bene dell’uomo - Prima il poco, poi il molto

  • La parabola del ricco epulone e del povero Lazzaro

    Cristo giudica il ricco malvagio - Un caso di impenitenza finale - Esame dei sentimenti del ricco - Il pensiero di Santa Caterina da Siena - La parabola nell’opera di Maria Valtorta - Più di un morto che risuscita...

  • Le riche épulon et le pauvre Lazare

    Le Christ juge le mauvais riche - Un cas d’impénitence finale - Examen des sentiments du riche - La pensée de Sainte Catherine de Sienne - La parabole dans l'œuvre de Maria Valtorta - Plus qu’un mort qui ressuscite...

  • Come mai questo tempo non sapete valutarlo?

    Difficoltà di valutare il senso del tempo - Un compito troppo difficile - L’invito inascoltato - L’inevitabile combattimento.

  • Aprì loro la mente per comprendere le scritture

    Non è così facile comprendere le Scritture - Il centro delle Scritture - Un progetto singolare - Non è una questione di belle parole.

  • Il fico maledetto

    Come gli antichi profeti - L'osservazione di Marco - Senza vie di scampo - L'attacco - Il contrattacco - Sacerdoti, scribi e noi.

  • Gesù esamina Pietro sull'amore

    Le domande di Gesù - Le risposte di Pietro - Pietro abbandonato dal Signore - Nato per fare il capo - Teresina di Lisieux e don Divo Barsotti.

  • Gli invitati al banchetto di nozze - 2

    Il re cerca altri commensali - Un invito accolto con poco entusiasmo - Situazioni impossibili - Due volte indegni - Un pericolo mortale.

  • Gli invitati al banchetto di nozze - 1

    Un racconto paradossale e drammatico - Ci bastano le feste umane - Come si uccidono i messaggeri di Dio - Apparente ingiustizia.

  • Quando Dio resiste alla preghiera ... (Lc 11, 5-13)

    Non ho nulla da offrirgli - Un singolare amico - Non conosciamo noi stessi - Fatti per un altro mondo ...

  • La parabola degli operai nella vigna (Mt 20, 1-16)

    Difficoltà  di comprendere un comportamento ingiusto - Ingiustizia che torna a nostro favore - Chi consola questa parabola.

Consapevole che le meditazioni proposte non sono che incerti balbettii, faccio appello alla carità  del lettore perché vengano accolte con benevolenza. In fondo, davanti a Dio, siamo tutti dei bambini bisognosi di imparare a parlare l'unica lingua che si parli nel suo Regno, la lingua dell'amore.

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